Atelier Remoto  
Works                About                Contact










Roma: Le 10 porte del futuro

E dillà?

Porta Pinciana, Largo Federico Fellini

Progetto ideato e curato da Spazio Taverna
Promosso da Roma Capitale

Con Flavia Saggese 






Il corpo snello e turrito del bastione di Porta Pinciana fa parte del complesso delle Mura Aureliane erette dall’imperatore Aureliano per difendere la capitale dell’impero romano da eventuali attacchi. Nel corso dei millenni diventa il limite nord tra la città antica e consolidata e la campagna, zona di arancere e villini, casini di caccia e boschi, laghetti e giardini di delizie, ancora lontani i leones. Avvicinandosi alla porta, la visione duplice e simultanea della città e del parco del Pincio (ciò che resta della campagna fuori le mura) e discontinua: il panorama è esploso, la muraglia è bucata, il limite è sfrangiato e la funzione antica di dogana e difesa è andata persa.

Lo stendardo E dillà? è composto da frammenti della rovina stessa, privata del suo genius loci, scomposta tra struttura, forma e paesaggio, che si mescolano, spariscono e si intrecciano; Roma compare e scompare, così le strade, i campi, gli edici. I pilastri della porta si sbrano, gli archi si sdoppiano e migrano verso orizzonti lontani, le alpi, i grattacieli, a nord, oltre la Salaria.

La prospettiva è poliedrica e multicentrica, ogni inquadratura suggerisce nuovi orizzonti, territori elastici e conni liquidi, resi unitari dall’apparire imprevedibile dal monumento, ridotto ad esile ma riconoscibile memoria della città.
Il movimento di lettura dei ritagli è scomposto, illogico e discontinuo: mostra scenari solenni, trasognati, reali e fantastici, da ricomporre a seconda della velocità di percorrenza dentro, fuori e attraverso la porta.

Porta Pinciana è una reliquia statica, non serve pùù, le logge sono abbandonate e i camminamenti dismessi, ma è chi passa che le può dare immaginari nuovi e visioni insolite. Chi l’attraversa o la guarda da lontano, le permette di muoversi, spostarsi, cambiare scala e fattezze, diventando una perenne geografia di godimento visivo, in contrasto, forse, con l’apparente sensazione di Roma, città immobile.